Mattina di pieno sole, in stazione ad aspettare un treno con destinazione fine settimana lungo in montagna, dalla mia famiglia.
È il 2 agosto e la testa non può non registrare la data, pensare, ricordare, fare silenzio di fronte alla Storia e ai mostri che la popolano.
La stazione però oggi è quella di Monza, e questo mi riporta a quadri della mia storia: quanti mezzogiorni in attesa del treno per Sesto, dopo tante ore tra versioni di Cicerone, versi di Eschilo e sonetti di Petrarca. Con la testa sugli impegni del pomeriggio, i compiti da fare, gli allenamenti.
Ho iniziato il liceo con l'a.s '93/'94. Mi ricordo che cos'è stato quell'anno, per la politica italiana, più che altro attraverso il ricordo dei commenti del mio prof. del ginnasio (il liceo aveva la fama di essere il "liceo rosso" per antonomasia) e attraverso i commenti delle mie compagne dalla Brianza imprenditoriale.
C'è chi pensa che ieri si sia chiusa una storia iniziata quell'anno, chi no, chi è indignato, chi esulta.
Io prendo atto del terremoto politico, mi indigno (sì, mi indigno) per quel messaggio pericoloso che ieri è stato trasmesso su quasi tutte le reti e in quasi tutti i servizi, ma la mia testa rimane su altro.
Rimane sul mio partito, su quello che vuole essere e sulla capacità che vuole avere di non tradire i suoi elettori. Di intercettarne altri, di ridare speranza e di formulare risposte concrete.
Rimane sul mio Paese e sulla mia città, sui bisogni dei cittadini, sugli strumenti che (non) abbiamo per rispondere a tutti.
Se mi dovessero chiedere quale sia stata la notizia che più mi ha colpito delle ultime settimane, a me verrebbe in mente di pancia, subito, un nome: Laura Prati.
Ed è per storie come la sua, non per la sentenza di ieri, che adesso scrivo con un po' di speranza, in treno, guardando le Grigne che svettano in un cielo che mai mi è sembrato così azzurro.
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