mercoledì 6 febbraio 2013

Autoreferenzialità democratica




Mi tocca ripetermi: mi dispiace far torto ai mitici «Indivanados», ma è venuto il momento di lasciare il divano, uscire di casa, iniziare dal proprio pianerottolo e avviare una campagna elettorale porta-a-porta.
Vale per tutti, ma soprattutto per gli iscritti al Pd, a cui consiglio vivamente di non incontrarsi tra loro (che è sempre piacevole, ma c’è tutto l’anno per farlo) e di preoccuparsi di convincere chi convinto non lo è ancora.
Troppe serate, in tutta Italia, sono dedicate al confronto tra noi. Alla disamina più attenta, al contraddittorio più raffinato, alla critica più solerte. Ecco, per venti giorni, lasciamo stare. Preoccupiamoci di scorrere la rubrica del telefonino – il personalissimo database di cui ciascuno di noi è dotato – e l’indirizzario email, contattando tutte le persone che conosciamo, per spiegare, chiedere, informare e raccogliere suggerimenti e preoccupazioni.
Non è soltanto la cosa migliore da fare, è l’unica. Al resto, penseremo dal 26 febbraio in poi.


Il post di Civati oggi è attualissimo.
Soprattutto l'appello che lancia ai militanti del mio partito, del PD. Anche in questa campagna elettorale vedo poche iniziative veramente "nuove", capaci di catalizzare attenzioni e persone nuove, che mai hanno messo piede nelle sedi di partito, e che probabilmente mai lo faranno. Tante, troppe iniziative in potenza interessantissime, in atto, invece, autoreferenziali.
Questo dell'incontrarci "tra noi", a mio parere, rimane un vizio ereditario e per liberarcene la strada è ancora piuttosto lunga.

Ammetterlo, però, è il primo passo.

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